Roma – Doppia condanna per i cani e i gatti del Comune di Roma. Costretti a una vita dietro le sbarre, ora si vedono negata anche quella manciata di minuti di semi-libertà che ogni giorno aspettano disperatamente con i musi incollati alle grate. Sì perché il Comune di Roma ancora nega l’accesso dei volontari animalisti nelle strutture comunali e convenzionate. Il che vuol dire zero possibilità di farli sgambare, socializzare, controllandone anche lo stato di salute. Tutti punti essenziali per la salvaguardia del benessere animale. Cardini del diritto-dovere dell’accudimento, sancito dalla legge e riconosciuto dalle amministrazioni statali e regionali.
La denuncia in una lettera che Animalisti Italiani, Acl, Enpa, Lav e Leidaa hanno inviato alla sindaca Virginia Raggi e all’ufficio Tutela Animali.
“Nessuno contesta – scrivono le associazioni – l’esigenza di preservare la salute di tutti, a cominciare dai dipendenti dei canili e dei gattili, ma la tutela degli animali d’affezione è interesse pubblico, riconosciuto anche in condizioni di emergenza, come conferma l’elenco delle attività indifferibili minime pubblicato dal ministero della Salute. Oltre alla nota della Direzione Salute e Integrazione sociosanitaria della Regione Lazio del 23 aprile scorso. Un documento che invita i gestori delle strutture a elaborare un piano operativo per consentire, sia pure con modalità contingentate, l’accesso dei volontari.“Il blocco – avvertono gli animalisti – va rimosso subito. E se le strutture non hanno provveduto ancora ad elaborare nuovi protocolli d’accesso legati all’emergenza Covd-19 che lo facciano prima che sia troppo tardi. Il Comune ha il dovere di intervenire. C’è a rischio la tutela del benessere animale di migliaia di cani e gatti: il rispetto delle necessità etologiche è sacrosanto: in caso contrario – concludono – il reato di maltrattamento è dietro l’angolo“.
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