Roma – La giunta capitolina ha approvato una delibera sul controllo numerico dei cinghiali in strade e parchi della Capitale che prevede l’abbattimento o il trasferimento in allevamenti per il consumo alimentare. Nonostante i cinghiali siano vittime della caccia tutti i giorni dell’anno, il loro numero non accenna a diminuire. E proprio a causa dell’elevatissima pressione venatoria esercitata nei loro confronti, i cinghiali reagiscono incrementando in misura esponenziale la loro riproduzione. A Roma in particolare, sconfinano in aree agricole e periferie urbane, attirati dalle aree verdi incolte colme di rifiuti.
“Nel Lazio, come in tutto il territorio nazionale, il cinghiale rappresenta il principale fattore di conflitto tra specie animali e attività dell’uomo”, si legge nel testo del provvedimento per la gestione degli ungulati appena sottoscritto dal Comune di Roma. Ad occuparsi del “controllo” degli esemplari al di fuori delle aree protette saranno i veterinari delle Asl che opereranno secondo il protocollo tecnico Ispra e lo schema di procedura operativa predisposto dal tavolo di coordinamento capitolino.
Uno schema che secondo Animalisti Italiani Roma, LAV Roma ed ENPA Roma è solo uno stratagemma burocratico volto esclusivamente ad avallare l’aumento degli abbattimenti. Le associazioni contestano il provvedimento che prosegue nella direzione di una scellerata gestione del fenomeno, completamente scevra da una reale volontà di tutelare la vita.
Infatti, secondo quanto si legge nella deliberazione n.190 del Comune di Roma, che sarebbe ispirata dalla volontà di prevenire incidenti stradali causati dai cinghiali, i piani d’azione possono essere tre: cattura con teleanestesia e conseguente eutanasia del cinghiale; cattura con trappola e conseguente conferimento vivo ad una ditta incaricata per l’allevamento alimentare; l’abbattimento con arma da fuoco.
Dove sono finiti i “metodi ecologici” o di “controllo indiretto”, ovvero le attività non cruente mirate ad evitare gli abbattimenti dei cinghiali in zone individuate dal Comune?
La gestione della fauna selvatica che sconfina in aree agricole o urbane è da sempre perseguita mediante il ricorso alle doppiette dei cacciatori. Ancor di più in quelle regioni dove la caccia ai cinghiali è diventata un business per i cacciatori che ora possono rivendere le spoglie degli animali uccisi. Aggiungere anche l’eutanasia e l’istituzione di una sorta di filiera per la valorizzazione economica dei corpi degli animali uccisi, che coinvolge gli agricoltori non fa altro che aumentare il numero di cinghiali che sarà possibile uccidere su tutto il territorio regionale. Un esperimento crudele e fallimentare simile a quelli già realizzati in Toscana e Emilia-Romagna, rivelatisi clamorosi insuccessi.
Le associazioni animaliste propongono una differente gestione del problema: iniziare da un efficiente servizio di pulizia giardini delle periferie urbane, le cui aree verdi non curate e rinselvatichite risultano altamente attrattive per i cinghiali, ma soprattutto adottare una soluzione non-violenta costituita dai vaccini immuno-contraccettivi, la cui efficacia risulta da tempo comprovata: è sufficiente, infatti, una somministrazione perché una femmina di cinghiale non si riproduca per un periodo che può arrivare fino a cinque anni.
Animalisti Italiani Roma, LAV Roma ed ENPA Roma chiedono quindi al Comune di Roma e alla sindaca Virginia Raggi la sospensione della delibera comunale del 27 settembre scorso e della sua attuazione con conseguente gestione della fauna selvatica basata su criteri e strumenti scientifici di comprovata efficacia, nel rispetto della vita degli animali.
Le associazioni richiedono l’adozione dell’immunocontraccezione che rappresenta oggi una valida soluzione e si chiede al Comune di Roma di varare un progetto in tal senso in tempi brevi.