Roma, 21 Gennaio 2018 – Trombe, fischietti e musica, ma anche coperchi, pentole e mestoli. Con questo “arsenale”, decine di volontari di Animalisti Italiani Onlus (www.animalisti.it), hanno percorso, questa mattina, chilometri e chilometri delle campagne viterbesi, con l’obiettivo di mettere in fuga beccacce, ghiandaie e tanti altri animali, sottraendoli ai colpi mortali dei cacciatori.
Una sirenata, passeggiata ecologica, organizzata dall’Associazione Animalisti Italiani Onlus, presieduta da Walter Caporale, durante la quale i volontari hanno recuperato centinaia di bossoli che, una volta sparati, sono stati abbandonati dai cacciatori e che sono estremamente dannosi per l’ambiente e per la salute delle persone. Il piombo contenuto nei pallini da caccia, infatti, è il principale responsabile del “saturnismo”, una patologia che comporta effetti come anemia, disturbi al sistema nervoso periferico e insufficienza renale acuta. Addirittura, persino alcuni episodi di schizofrenia sono stati ricollegati all’esposizione al piombo. Senza contare l’impatto ambientale che si ripercuote su terreni e falde acquifere dove questi bossoli vengono abbandonati. Motivo per cui, nei prossimi giorni, Animalisti Italiani Onlus invierà le foto di questi bossoli ai Presidenti delle Regioni italiane che hanno approvato la proroga, fino al 10 febbraio, per la chiusura della stagione venatoria: “Nessuno si rende conto quanto sia dannoso, per la qualità dell’ambiente, lasciare in giro questi bossoli – spiega il Presidente, Walter Caporale – invieremo le foto dei bossoli ai dieci Governatori “amici” dei cacciatori, ma non come atto intimidatorio. Lo faremo per chiedere che la stagione si chiuda definitivamente il 31 gennaio, come da programma, senza ulteriori “regali” indegni ai cacciatori”. Le Regioni “incriminate” sono: Lazio (preapertura il 2 e il 10 Settembre 2017), Calabria e Campania (come chiusura generale, però, non come proroga), Basilicata, Liguria, Marche (che aveva anche previsto la preapertura il 2 Settembre), Molise, Sardegna, Umbria (qui alcune specie come daino, cervo e capriolo si possono cacciare, addirittura, fino all’11 marzo) e Veneto (anche qui era stata approvata la preapertura il 2 Settembre).
Un paradosso davvero inquietante, soprattutto se si tiene conto che gli ultimi dati disponibili, forniti da Istat e Federcaccia, dicono che nel nostro Paese il numero dei cacciatori sta diminuendo costantemente. Se fino agli anni ’80 se ne contavano oltre 1 milione e 700mila, già nel 2007 superavano di poco le 700mila unità: quasi il 60% in meno in rapporto alla popolazione italiana complessiva. La diminuzione dei cacciatori passa dal -10% della Basilicata al -22,5% della Toscana (che rimane comunque la regione italiana con il numero di cacciatori più alto, circa 110mila), per scendere poi in picchiata in località come l’Emilia Romagna (-27,3%) e le Marche (-28,7%) o, addirittura, l’Umbria, dove si registra un calo del -32,7%. In soldoni, nei territori dove la caccia è maggiormente diffusa, si stima di aver perso circa un cacciatore su tre. E il futuro fa ben sperare anche in base all’età media di coloro che, ancora oggi, imbracciano il fucile. La maggior parte dei cacciatori italiani, infatti, ha tra i 65 e i 78 anni: è vero che la prospettiva di vita in Italia è aumentata, ma è altrettanto vero che nel giro di una decina di anni, la situazione potrebbe mutare ulteriormente, sempre ovviamente a vantaggio degli animali. Senza dimenticare, poi, che il Rapporto Eurispes sull’Italia, aggiornato al 2016, dice che “il 68,5% della popolazione è contrario alla caccia”, confermando così la tendenza generale ad uno stile di vita sempre più indirizzato verso la tutela animale e ambientale.
Da non trascurare anche un altro fattore. La caccia, oltre che uccidere animali innocenti e compromettere l’intero ecosistema, provoca morti anche tra gli esseri umani, spesso non cacciatori. Negli ultimi cinque anni, infatti, in tutta Italia si sono registrati 115 morti e 420 feriti (circa il 20% non cacciatori) a causa di “incidenti” nel corso delle varie battute. Nella stagione venatoria 2016/2017 i morti sono stati ben 31, mentre i feriti 48. E anche la stagione attualmente in corso fa registrare numeri assai poco incoraggianti. In base ai dati raccolti dall’Associazione “Vittime della caccia”, da settembre a dicembre 2017, sono state 83 le persone fucilate con armi da caccia: di queste, 25 sono decedute, mentre 58 sono rimaste ferite dai cacciatori in azione. 9 i morti e 10 i feriti che non appartengono, per così dire, al mondo venatorio. In vista della chiusura della stagione, c’è da augurarsi che il conto non debba essere aggiornato.
“Non è la prima sirenata anticaccia che organizziamo – conclude il Presidente di Animalisti Italiani Onlus, Walter Caporale – e sicuramente non sarà l’ultima. Crediamo che sia ora di finirla con questa triste abitudine. Siamo fermamente convinti che non possa essere definita “sport” un’attività che provoca la morte di vite innocenti, siano esse umane o animali. Lo sport è un qualcosa in cui si compete ad “armi pari”, dove l’agonismo è naturale e il benessere fisico reciproco: sparare e uccidere un essere vivente disarmato non è una pratica sportiva, è omicidio”.
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