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VIVISEZIONE: “PREFERITE SACRIFICARE LA VITA DI UN TOPO O QUELLA DI UN UOMO?”. NOI RISPONDIAMO COSI’

  • 22 Gennaio 2021
  • Comunicati Stampa
  • 0 comments

Riportiamo la lettera che abbiamo scritto, in sinergia con altre associazioni, in risposta ad un articolo pubblicato sulla Gazzetta di Parma, contenente innumerevoli imprecisioni sul tema della vivisezione a scopi scientifici.

Il quotidiano ha riassunto la nostra complessa e articolata risposta in questo piccolo trafiletto (cfr. foto a sx) !

Per totale trasparenza e opportuna condivisione delle informazioni, noi pubblichiamo qui la nostra lettera integrale ?

Gent.mo Direttore, Le scriviamo in merito all’articolo pubblicato sul Suo quotidiano in data 15 gennaio 2021, dal titolo “I test sugli animali? Per non impiegare cavie umane”, in quanto pieno di inesattezze dal punto di vista scientifico.

Già dalla prima frase del prof. Grignaschi, che citiamo: “O sugli uomini o sugli animali. Al momento una terza possibilità per testare gli effetti di un nuovo farmaco, di un vaccino o di qualsiasi altro dispositivo biomedico non esiste”, si evince che, purtroppo, questi non è a conoscenza dei numerosi metodi sostitutivi all’uso degli animali, già ampiamente utilizzati da moltissimi ricercatori in tutto il mondo. È opportuno secondo noi specificare ai lettori, in modo semplice e funzionale, quali sono.

Gli Organs-on-a-chip, dispositivi in silicio rivestiti da cellule umane che imitano la struttura e la funzione degli organi e dei sistemi di organi umani; vengono tutt’oggi ampiamente utilizzati per modellizzare le malattie, per la medicina personalizzata e per testare farmaci. Ad oggi sono stati riprodotti polmoni, cuore, reni, intestino, arterie, barriera emato-encefalica, cervello e pelle. Lo screening ad alto rendimento, in grado di eseguire numerosi test diversi in modo rapido. Viene utilizzato per esempio dal National Institutes of Health per testare in un solo giorno più sostanze chimiche di quante ne siano state testate negli ultimi 20-30 anni usando animali. I modelli in silico, tecniche computerizzate che possono simulare la biologia umana e la progressione delle malattie o prevedere il metabolismo e la distribuzione dei farmaci nel corpo.

Le biostampanti 3D: vengono stampati strati di cellule, fattori di crescita e biomateriali con una ricostruzione 3D che imita il tessuto naturale. Gli organi stampati vengono utilizzati per test chimici, ricerca medica e sicurezza dei farmaci. I modelli in vitro: è possibile studiare molti tipi di cellule umane e tessuti in piccoli “piatti di plastica”, chiamati plates, analizzando come reagiscono a sostanze chimiche o farmaci.
Ad esempio, molte aziende chimiche ora utilizzano modelli 3D di pelle umana o cellule corneali per valutare se determinate sostanze chimiche possano causare danni alla pelle o agli occhi di lavoratori e consumatori (invece del Draize test sugli occhi e sulla pelle di coniglio). Le tecniche di imaging: esistono strumenti di diagnostica per immagini avanzati, utili per “vedere” all’interno del corpo umano, anche al livello di un singolo neurone, e che si prestano pertanto per lo studio di condizioni come i disturbi neurologici e l’osservazione degli effetti dei farmaci.

Il microdosaggio: vengono somministrate dosi subterapeutiche in studi clinici sull’uomo, altamente controllati e in piena sicurezza, per capire come un farmaco si muove e metabolizza all’interno del corpo.
Il prof. Grignaschi ha anche citato il particolare periodo storico che stiamo vivendo per far credere ai lettori che una soluzione senza test su animali non sia possibile.  Anche questa è una grave inesattezza: il ricercatore di fama mondiale Arti Ahluwalia, nel contesto del progetto MALI condotto presso l’Università di Pisa, ha recentemente contribuito alla creazione di un polmone 3D per lo studio di virus dell’apparato respiratorio, (tra cui anche il Sars-Cov-2); altresì l’Università del Colorado Anschutz Medical Campus sta utilizzando la sua tecnologia airway-on-a-chip e lung-on-achip per studiare il virus causa dell’attuale pandemia mondiale.

Una compagnia tedesca, la Yumab, in 4 settimane ha creato il primo anticorpo completamente umano in grado di bloccare la proteina di superficie cellulare a cui si lega il Sars-Cov-2, applicando la tecnologia del phage display: una tecnica di laboratorio completamente “cruelty free” che sfrutta virus che infettano batteri, per collegare le proteine con le informazioni geniche che codificano per esse. Potrà essere usata per creare un farmaco che blocchi l’infezione.

I ricercatori della University of British Columbia hanno testato con successo un nuovo farmaco che blocca le prime fasi di infezione del Sars- Cov-2. I test sono stati condotti esclusivamente su organi di umani: un cluster (ammasso) cellulare derivante da cellule staminali, o da organi progenitori, che spontaneamente si auto organizzano nello spazio in vitro, ricreando l’organo funzionante in 3D.

In ultimo, ma non meno importante, il prof. Grignaschi cita l’esperimento Light-up, condotto da Marco Tamietto e Luca Bonini, affermando che non esistano alternative all’uso dei macachi per lo studio del blindsight. Anche in questo caso ci dispiace dover ribadire che non è così: la ricerca più recente su questo fenomeno, terminata nel 2017 e pubblicata sulla rivista internazionale Neuropsychologia, è stata eseguita interamente su pazienti umani, con metodi ovviamente non invasivi. A portarla a termine con risultati importanti è stato il professor Carlo Alberto Manzi, in collaborazione con il Centro di ricerca di Riabilitazione neuromotoria e cognitiva del dipartimento di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento dell’Università di Verona: “nella maggioranza dei pazienti ci sono delle chiare risposte EEG a stimoli non visti perché presentati nel campo cieco […] il segnale visivo arriva ai centri cerebrali dell’emisfero leso, ma per la mancanza, dovuta alla lesione, di alcuni meccanismi corticali, non riesce ad essere percepito in maniera conscia”.

Ci chiediamo quindi per quale motivo occorra fare passi indietro di almeno 20 anni, utilizzando primati non umani che non hanno la possibilità di dichiarare al ricercatore le proprie percezioni,
quando studi non invasivi su pazienti umani già affetti da cecità corticale portano a risultati così importanti.

In conclusione, la fuga di cervelli di cui parla il prof. Grignaschi è probabilmente causata dall’impossibilità per i ricercatori italiani di ottenere importanti risultati bypassando/superando la sperimentazione animale, mediante l’utilizzo delle numerose tecniche innovative human based e NAM’s qui elencate.

Lei Grignaschi nel 2021 si arroga il diritto di proporre ancora la solita e reiterata domanda “preferite sacrificare la vita di un topo o quella di un uomo?”. Nella formulazione di un simile quesito si annida il fallimento della vostra metodologia pseudoscientifica. Una scienza che si sottrae al confronto perde tutta la sua “autorità”, e all’inizio della terza decade del terzo millennio sappiamo tutti benissimo che non è più necessario sacrificare la vita di nessuno. Ed è proprio questa reiterata “normalità” nel sottovalutare la vita di qualcuno solo perché possiede sembianze diverse dalle nostre, che deve spaventarci e farci riflettere. La mancanza di rispetto verso i più deboli è l’origine di tutti i mali del mondo e nel periodo particolare che stiamo vivendo dovrebbe essere un monito per tutte le persone dotate di buon senso e di un briciolo di anima.

Elenco associazioni firmatarie

Animalisti Italiani – Coordinamento Animalista – EthiCare  –  A.M.A.  – Lega Internazionale Medici per l’Abolizione della Vivisezione –  Task force animalista –  Pet Rescue Italia  –  O.I.P.A.  – Origine Animale -Comitato Tutela Diritti Animali -Uniti per Loro – Movimento Etico Tutela Animali e Ambiente – Fronte Vegano Rinascita Animalista – Associazione Vegani Italiani -Animal Pride Defendig Association

 

Post Tags:articolo Gazzetta di Parma Grignaschi metodi alternativi scienza vivisezione
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