La recente decisione del Comitato permanente della Convenzione di Berna di riclassificare il lupo da “strettamente protetto” a “protetto” ha sollevato un’ondata di preoccupazione tra associazioni animaliste, ambientaliste, esperti di biodiversità e cittadini attenti alla conservazione della fauna. Questa scelta, presentata come un compromesso per la coesistenza tra uomo e lupo, si rivela invece un passo indietro nella tutela di una specie fondamentale per gli ecosistemi europei.
Una scelta politica, non scientifica
Numerosi esperti, tra cui l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), hanno criticato la decisione come priva di fondamento scientifico. Sebbene le popolazioni di lupi abbiano mostrato segnali di recupero in alcune aree, gran parte delle popolazioni europee rimangono in condizioni di vulnerabilità. In Italia, dove il lupo è tornato a colonizzare habitat storici, l’allarmismo sulla “presenza eccessiva” non trova riscontro nei dati scientifici. Dichiara Walter Caporale, Presidente dell’Associazione Animalisti Italiani: “Bisogna mantenere il lupo al massimo livello di protezione. Sei delle nove popolazioni europee di lupo sono ancora in uno stato vulnerabile o prossimo alla minaccia di estinzione. Tuttavia, la narrativa politica enfatizza una presunta “sovrabbondanza” del lupo in Italia e in altre aree, distorcendo i dati per favorire interessi particolari”.
Le conseguenze del declassamento
Questo provvedimento apre la strada a un possibile aumento delle deroghe per l’uccisione dei lupi, con il rischio di avviare una nuova stagione di caccia. Tuttavia, gli studi dimostrano che la caccia ai lupi non solo non riduce i conflitti con gli allevatori, ma li peggiora. Infatti:
- La frammentazione dei branchi porta spesso a un aumento degli attacchi agli animali domestici.
- Le soluzioni non letali, come recinzioni elettrificate e cani da guardiania, hanno già dimostrato di essere molto più efficaci nel ridurre i danni.
Un precedente pericoloso
Ridurre le tutele al lupo crea un precedente che potrebbe colpire anche altre specie protette, come l’orso bruno e la lince. Questo declassamento segnala un pericoloso cambiamento di rotta nella politica ambientale, influenzata da pressioni economiche e interessi di settore.
La battaglia per la convivenza
La coesistenza tra lupo e comunità umane è possibile, ma richiede investimenti in misure preventive e un cambio di paradigma culturale. Il declassamento del lupo da specie “strettamente protetta” a “protetta” è un intervento ideologico a vantaggio di cacciatori e allevatori, mascherato da tutela degli interessi rurali. La scelta sembra dettata più da calcoli elettorali che da reali necessità ecologiche. Il lupo diventa così una pedina in un gioco politico, con il rischio di compromettere anni di sforzi per il ripristino della sua popolazione.