È passato quasi un anno da quando mamma orsa Amarena è stata uccisa, ma il ricordo della sua tragica fine è ancora vivo nella memoria dei cittadini, degli Animalisti Italiani e dei cuccioli di Amarena, sopravvissuti alla furia omicida dell’essere umano.
Le indagini, condotte dal procuratore Maurizio Maria Cerrato di Avezzano, hanno chiarito che l’allevatore e cacciatore Andrea Leombruni, 57 anni, ha deliberatamente e crudamente posto fine alla vita di Amarena. L’orsa non aveva mai avuto atteggiamenti aggressivi nei confronti degli esseri umani, tanto da essere diventata una sorta di mascotte per San Benedetto dei Marsi, in provincia de L’Aquila e per tutto il territorio abruzzese, protagonista di numerosi video mentre casualmente incrociava i centri abitati accompagnata dai suoi cuccioli.
La sua brutale uccisione è la fine di un simbolo del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.
Secondo le indagini l’azione criminale di Leombruni, avvenuta nella notte tra il 31 agosto e il 1 settembre 2023, è stata premeditata e condotta con crudeltà, utilizzando munizioni artigianali progettate per infliggere il massimo danno. Non solo Amarena è stata uccisa, ma vi è anche l’intento di eliminare i suoi due cuccioli, ancora non autosufficienti.
Il presidente dell’Associazione Animalisti Italiani Onlus, Walter Caporale, ha dichiarato: ” La giustizia deve fare il suo corso e assicurare che simili atrocità non restino impunite. Siamo in attesa della prima udienza, ma è assurdo constatare la lentezza della burocrazia. Amarena meritava giustizia immediata. Amarena e i suoi cuccioli meritavano di vivere in pace, non di essere vittime di tale brutalità. Ci siamo costituiti parte civile nel processo e lotteremo per una condanna esemplare. La Procura ha confermato che l’orsa al momento dello sparo era innocua. Il colpevole non si è spaventato mettendo in atto una reazione spropositata, al di là delle intenzioni. Voleva proprio uccidere. Tanto da aver realizzato cartucce artigianali”.
La Procura di Avezzano ha riconosciuto l’assenza di qualsiasi giustificazione valida per questo atto, sottolineando come il pericolo per la pubblica incolumità sia stato ulteriormente aggravato dalla pericolosità dell’atto stesso.
In un momento in cui il rispetto e la protezione degli animali dovrebbero essere una priorità, episodi come questo ci ricordano quanto lavoro ci sia ancora da fare. Invitiamo il Governo ad inasprire le pene per i reati contro gli animali.