Roma, 21 giugno 2024 – La manifestazione tenutasi oggi a Largo Ecuador, davanti all’Ambasciata Cinese in Italia, contro il macabro Festival di Yulin ha registrato un buon successo, con la partecipazione di oltre 40 persone. Dal 2009, anno di nascita di questa funesta ricorrenza, l’Associazione Animalisti Italiani chiede a gran voce la fine della strage che continua silenziosa anche durante tutto l’anno nei wet market.
Dichiara Carmine De Nuzzo, Membro del Direttivo degli Animalisti Italiani: “Ci siamo uniti a Oipa, Feline Guardians Without Borders, Stop Plastica e Partito Animalista Italiano per protestare contro una barbara e crudele “tradizione” che dal 21 al 30 giugno nella regione autonoma di Guangxi Zhuang, in Cina, raggiunge oltre 10.000 uccisioni. I cani e gatti macellati sono randagi e di proprietà, rapiti e sottratti alle loro famiglie. Molti sono affetti da malattie infettive. Privati di cibo e acqua, soffrono in gabbie minuscole in cui vengono rinchiusi. Vengono uccisi mentre sono ancora coscienti, scuoiati e bolliti vivi. Volete ancora chiamarla “tradizione”? Può questa definirsi società civile? Inoltre, gli assembramenti di persone per così tanti giorni, con la presenza di carcasse di animali lasciati a cielo aperto, rappresentano un alto rischio di innescare nuove infezioni”.
Animalisti Italiani Onlus prosegue il mail bombing, iniziato a maggio scorso, per chiedere un tavolo di confronto con le istituzioni cinesi che continuano nel loro silenzio.
Durante la protesta odierna, la polizia era presente in gran numero per garantire controlli rigidi e assicurare l’ordine pubblico. Nonostante le numerose richieste, non è stato permesso agli attivisti animalisti di posizionarsi proprio davanti all’ingresso dell’Ambasciata cinese, rimasta indifferente come sempre.
Gli interventi degli attivisti sono stati puntuali e carichi di emozione, evidenziando la gravità della situazione. Al termine della manifestazione si è unito anche Davide Acito fondatore di APA (Action Project Animal) che si basa sul lavoro di attivisti e volontari per combattere quelle che sono vere e proprie «mattanze dei cani e gatti» in Asia.
Le Associazioni partecipanti affermano: “Il consumo di carne di cane è sicuramente diminuito negli ultimi anni, ma il fenomeno del Dog Meat Trade è ancora diffuso e non si è affatto fermato malgrado la pandemia e la connessione della diffusione del virus con le zoonosi e i wet market asiatici. In tutta l’Asia ogni anno sono circa 30 milioni gli animali sacrificati per diventare pietanze! Abbiamo organizzato decine di manifestazioni davanti all’Ambasciata cinese, consegnato centinaia di firme, e richiesto per anni incontri all’ambasciatore cinese, ma è l’unico in Italia a cui non è mai importato instaurare un dialogo con gli animalisti.”
Solo in Corea del Sud il Parlamento ha approvato, nel 2024, una legge che vieta il commercio di carne di cane. L’Assemblea nazionale ha votato a favore del provvedimento (208 favorevoli, 0 contrari), che prevede un periodo di transizione di tre anni e definisce una pena fino a 2 anni di reclusione o una multa fino a 20 milioni di KRW (corrispondenti a 14mila euro) per l’allevamento e la vendita di cani a scopo alimentare e fino a 3 anni di reclusione o una multa fino a 30 milioni di KRW (circa 21mila euro) per l’uccisione di cani per il consumo umano.
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